Nello studio della mente umana le stesse conclusioni cui si perviene scatenano talvolta il dubbio di non essere mai stati così lontani dalla verità, forse perché qualsiasi tipo di approccio scientifico, seppur efficace e persuasivo, è comunque spesso parziale e riduttivo di fronte ad alla complessità di alcuni aspetti propri dell’uomo. Restringendo il campo ai soli processi psichici, alcuni di essi in particolare rimandano direttamente alla sofisticatezza che lo contraddistingue, sfuggendo alla possibilità di essere definiti univocamente ed oggettivamente nella loro interezza. La coscienza, continuamente oggetto di dispute scientifiche, pone come sfida per i ricercatori l’individuazione delle sue basi neurofisiologiche ed è evidente quanto questo tentativo sia arduo a partire dalla sua connessione al più vasto ambito dei rapporti mente-cervello. La comprensibile difficoltà di integrare l’aspetto organico della coscienza con quello relativo ai contenuti consapevoli dell’esperienza individuale ha favorito il mantenimento di due principali approcci teorici: la coscienza è stata infatti considerata da alcuni studiosi prevalentemente come fenomeno qualitativo della psiche, da altri come entità fisiologica neurobiologicamente localizzabile. In neurofisiologia le conoscenze sul funzionamento della Formazione Reticolare (FR; Moruzzi e Magoun, 1949) ed i risultati ottenuti tramite l’utilizzo del metodo elettroencefalografico hanno contribuito ad assimilare il fenomeno della coscienza a quello della vigilanza. “ La coscienza – secondo la definizione di C.W. Simon e W.H. Emmons del 1956 – si riferisce agli stadi di stato vigile durante i quali si hanno vari gradi di consapevolezza degli stimoli esterni, e allo stato di transizione durante il quale stimoli interni, cioè i sogni, sono presenti e sono ricordati”. Neurologicamente essa corrisponde all’attivazione di un’estesa rete di neuroni corticali, sostenuta da quella di aree sottocorticali. Il vissuto cosciente è frutto della cooperazione fra molte regioni cerebrali, il che rende inverosimile l’identificazione di una specifica zona deputata alla sua genesi. Dati sperimentali e clinici indicano piuttosto che la coscienza, le sue variazioni di stato e di contenuto dipendono dal grado di integrazione dell’attività di tre diversi livelli del Sistema Nervoso Centrale (SNC): – livello troncoencefalico, in cui l’attivazione dell’ARAS (Ascendine Reticular Activating System) produce lo stato di veglia tonica e di attenzione tonica, con conseguente desincronizzazione del tracciato elettroencefalografico. Le porzioni caudali e rostrali dell’ARAS sembrano esercitare un controllo a livello del talamo. – livello talamico, responsabile dell’integrazione, della codificazione e della proiezione delle afferenze sensoriali alla corteccia cerebrale. – livello corticale, in cui le informazioni provenienti dai sistemi talamo-corticali vengono trasformate da input privi di specifici significati in esperienza cosciente dotata di senso, attraverso processi di associazione ed immagazzinamento. Nel 1952 Penfield e Jaspers hanno descritto un sistema comprendente tutte le formazioni assiali che si estendono dal bulbo al mesencefalo, e contenente tutte quelle strutture che controllano sia fasicamente che tonicamente l’attività della corteccia cerebrale. Nella loro ipotesi troncoencefalica circa la genesi della coscienza gli elementi ad alta specializzazione (corticali), responsabili di tale fenomeno, vengono attivati dal sistema reticolare situato nel tronco dell’encefalo, sensibile alle informazioni provenienti dal mondo interno e da quello esterno. Tale sistema agirebbe mediante tre operazioni: trasmissione degli input afferenti ed efferenti, presenza di output anche in assenza di input, firing spontaneo (non evocato da un evento specifico). Giuseppe Moruzzi nel 1972 scriveva “..il sistema reticolare attivatore ascendente è un sistema a proiezione diffuso capace di aumentare estesamente l’attività della corteccia cerebrale e quindi di aumentare la vigilanza”. Anche nel suo modello il presupposto teorico è che il livello dell’attività cerebrale (neocortex in particolare) è sotto il controllo della reticolare troncoencefalica, il cui grado di attivazione dipende da fattori endogeni (umorali, neurochimici) ed esogeni (input sensoriali). Il processo di integrazione spaziale e temporale delle attività essenziali per i vari stati di coscienza avverrebbe dunque a livello della FR, a cui bisogna aggiungere l’attività degli interneuroni e quella graduata delle sinapsi dendritiche e somatiche che condizionano elettrotonicamente l’eccitabilità di tutte le strutture del sistema. Il compito della neurofisiologia è inoltre quello di correlare la funzione di questi complessi circuiti con le variazioni dello stato di coscienza, i cui poli estremi corrispondono alla veglia ed al sonno profondo. Attualmente i dati di cui si dispone lasciano supporre che la desincronizzazione EEG e la comparsa del sonno comportamentale siano innescati da un meccanismo attivo a partire da strutture ipotalamiche rostrali situate a livello delle regioni preottiche con la diretta partecipazione dei neuroni bulbo-pontini, posti nelle regioni caudali del troncoencefalo. Studi sperimentali mostrano che il massimo livello operativo del sistema reticolare attivatore si accompagna ad un EEG altamente desincronizzato, ad un elevato livello di vigilanza ed alla presenza delle componenti emotive associate ad un comportamento finalizzato; tale stato di attività mentale è stato definito “veglia attiva”. Durante la “veglia rilassata” ed il riposo mentale si ha invece un equilibrio fra sistemi sincronizzante e desincronizzante, e l’EEG, pur rimanendo generalmente desincronizzato, mostra la comparsa di attività sincrone (onde alfa). Quando i rapporti fra i sistemi sincronizzante e desincronizzante si invertono al comportamento cosciente subentra il sonno. Il prevalere dei sistemi sincronizzanti, per inibizione dell’ARAS, fa si che l’EEG divenga progressivamente più lento e sincrono (onde theta e delta). A livello comportamentale il soggetto entra nello stato di sonno sincronizzato (non REM), precedente a quella di sonno paradosso o desincronizzato (REM). Durante l’addormentamento il soggetto esperisce soggettivamente un progressivo restringimento del campo di coscienza (insieme dei contenuti coscienti), una perdita del senso di realtà e, talora, la comparsa di fenomeni allucinatori (allucinazioni ipnagogiche) e motori (clonie ipniche). Il massimo livello di attività del sistema sincronizzante si ha durante gli stadi 3 e 4 del sonno NON REM e parallelamente il sistema desincronizzante raggiunge il livello più basso. In coincidenza del termine di questa fase gli elementi caratteristici del sistema desincronizzante (onde beta) cominciano a riorganizzarsi e dopo qualche tempo si assiste ad un’improvvisa inversione del processo, che diviene caratterizzato da un notevole aumento dell’attività del sistema sincronizzante (prevalentemente a partenza da strutture del ponte). L’EEG si fa desincronizzato, simile a quello della veglia attiva, e può verificarsi l’esperienza soggettiva del sogno, caratterizzata da allucinazioni ed autorappresentazioni. Le variazioni di potenziale, rilevabili nel tracciato EEG, sono l’espressione dell’attività di numerose strutture sottocorticali e corticali che contribuiscono al mantenimento della coscienza e ne rispecchiano le oscillazioni di stato. Naturalmente ridurre i diversi stati di questa funzione ai vari gradi di attivazione e deattivazione dei sistemi sincronizzanti e desincronizzanti risulta semplicistico; piuttosto è indispensabile completare l’analisi quantitativa con quella qualitativa dei pattern di attività (contenuti di coscienza) con cui operano i vari sistemi. Un’ipotesi interessante è quella che attribuisce un ruolo determinante agli interneuroni che sono attivati da circuiti ricorrenti di cellule talamiche a proiezione corticale diffusa, le quali guidano le sequenze post-sinaptiche eccitatorie ed inibitorie (EPSP-IPSP), che conducono a loro volta le onde elettriche cerebrali. Gli interneuroni, come già detto in precedenza, sarebbero influenzati anche dalla reticolare caudale e rostrale. Ne consegue che dalla combinazione delle diverse influenze eccitatorie ed inibitorie sui vari tipi di interneuroni talamici e corticali dipenderanno le caratteristiche della sincronizzazione e della desincronizzazione dell’attività bioelettrica cerebrale. Queste caratteristiche sono difficilmente differenziabili nelle loro più fini componenti ma possono sottendere una grandissima varietà di stati funzionali e rappresentare l’equivalente bioelettrico dei vari stati di coscienza. Ad esempio, in condizioni normali la durata dell’azione degli interneuroni inibitori talamici è di 80-150 msec e la loro azione determina la frequenza e l’ampiezza delle onde sincrone. Una scarica interneurale inibitoria della durata di 100 msec induce in corteccia onde sincrone a 10 c/sec (alfa), mentre un aumento della scarica induce una diminuzione di frequenza ed un aumento di voltaggio, che è quanto avviene negli stadi 3 e 4 del sonno NON REM. Si può concludere che il meccanismo sia sostenuto da un’attività di base dei neuroni talamici a proiezione corticale, determinata dalla scarica “tonica” di interneuroni ad azione facilitatoria sulla quale l’azione “fasica” degli interneuroni inibitori crea una pausa. Inevitabilmente lo studio delle funzioni coscienti acquisisce maggiore significato se si prende in considerazione l’organismo a cui appartengono e i rapporti che quest’ultimo intrattiene con l’ambiente circostente. Questo è anche il punto di vista di A. Damasio, che, mettendo in discussione l’ipotesi cartesiana del dualismo mente-corpo, che addirittura attribuiva alla prima un fondamento non materiale, ha evidenziato che la natura ha costruito l´apparato della razionalità non solo al di sopra di quello della regolazione biologica, ma anche a partire da esso e al suo stesso interno. La coscienza consiste secondo il neuropsicologo portoghese nella costruzione di conoscenze rispetto a due aspetti: l´organismo che entra in relazione con qualche oggetto e l´oggetto coinvolto nella relazione che causa un cambiamento nell´organismo. Comprendere la biologia del fenomeno significa quindi capire in che modo il cervello riesca a rappresentare le due componenti – organismo ed oggetto – e in che modo si stabilisca la relazione tra queste. La coscienza sarebbe indissolubilmente legata al sentire corporeo, anche se non completamente sovrapponibile alle altre modalità sensoriali. La forma più semplice in cui questa conoscenza emerge mentalmente è il sentimento di sapere, sentimento di ciò che capita quando un organismo è impegnato a processare un oggetto – ed è solo in un secondo momento che possono cominciare a verificarsi inferenze e interpretazioni intorno a tale sentimento. Nel modello di Damasio la funzione cosciente si struttura gerarchicamente, secondo un gradiente di complessità sempre maggiore: – Proto-sé, fenomeno primordiale di autoidentificazione che l´uomo condivide con gli animali superiori, alle cui base sono le emozioni, eventi strettamente biologici, sui quali si sviluppano poi i sentimenti (paura, fame, sesso, rabbia…) che hanno come motore l´interazione tra l´organismo e il mondo oggettuale. Il "proto-sé" non è autoconsapevole, ma limitato a alla progressiva comprensione si essere qualcosa di ben distinto dal mondo esterno. – Coscienza nucleare, fenomeno biologico nel quale sono simultaneamente presenti tre elementi: l´oggetto di sui si è coscienti, la posizione del proprio corpo rispetto a quell´oggetto e la relazione che si stabilisce tra queste due entità. La coscienza nucleare dà all´organismo un senso di sé hic et nunc, senza concedere la possibilità di fare previsioni. L´unico passato che possiede perviene a ciò che è appena accaduto. – Coscienza estesa, che si costituisce sulla base della coscienza nucleare ed è all´origine del "sé autobiografico". Questo livello di coscienza richiede il linguaggio, necessario alla formulazione della storia personale. Per riassumere questa parentesi neurofisiologica, la struttura della coscienza, secondo una schematizzazione di G. Benedetti nel 1969, comprende complesse attività neuronali favorite dall’azione inibitrice esercitata su altri sistemi neuronoci, che altrimenti ne impedirebbero il funzionamento ( la selettività è rilevabile dalla desincronizzazione che compare nel tracciato EEG); l’avvio di circuiti periferici sensoriali a partire da regioni centrali, con conseguente feed-back centro-perifero-centrale, che genera l’atto percettivo cosciente; l’eccitazione delle zone corticali che ritengono tracce mnestiche e permettono il riconoscimento dell’input sensoriale; l’attivazione delle zone encefaliche che assicurano lo “schema corporeo” e dunque la possibilità di attribuire le percezioni attuali alla propria persona; l’integrazione dell’attività di analisi percettiva in schemi ideo-verbali a livello corticale, che arrivano poi al linguaggio. Lo stesso Benedetti ha però integrato questa descrizione con aspetti fenomenologici quali: consapevolezza del soggetto della propria sensibilità, della propria continuità temporale ed integrità psicofisica. Se nella prospettiva neurofisiologica i concetti di vigilanza e di coscienza sono per lo più sovrapponibili, in quella fenomenica il vissuto cosciente è qualcosa di non assimilabile e riducibile ad una funzione neuronale. F. Varela, seguendo le teorie di eminenti suoi predecessori quali Husserl e Merleau-Ponty, considera la coscienza come tre cicli permanenti di attività: – il cervello esiste all´interno di un organismo impegnato essenzialmente nella propria autoregolazione, alla base della quale si trova il sentimento di esserci, di avere un corpo dotato di una certa integrità. – Il cervello interazione costantemente col mondo attraverso tutta la superficie sensorio-motrice. Le cose esistono per l’uomo solo grazie a questo collegamento, che è una fonte permanente di senso. Quando si parla di contenuti di coscienza (es. vedere iun oggetto, il volto di un amico, ecc.) è difficile parlare solo di un tratto di circuito neuronale che capta un´informazione dal mondo e ne fa un correlato cosciente, piuttosto si ha a che fare con qualcosa che è necessariamente decentrato rispetto al cervello, che si trova nel ciclo, nel rapporto (intenzionalità diretta alle cose, direbbe Husserl) tra l´esterno e l´interno. Il contenuto cosciente nasce nell´azione e nel ciclo, nello stesso modo in cui il sentimento di esserci esiste nel ciclo tra l´apparato neuronale e il corpo. – L’uomo è strutturalmente concepito per avere rapporti con i conspecifici, è dotato di un´abilità innata, detta empatia, d´importanza fondamentale in quanto la vita mentale, la vita della coscienza, la vita del linguaggio e quella vita mediata dal linguaggio si basano sulla comprensione emotiva dell’altro. La coscienza è un´emergenza che richiede l´esistenza di questi tre fenomeni, di questi tre cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. “La coscienza non è un segmento di circuiti cerebrali, ma appartiene ad un organismo incessantemente coinvolto nei diversi cicli e che quindi è un fenomeno eminentemente distribuito, che non risiede solo nella testa. Il cervello da parte sua è essenziale perché contiene le condizioni di possibilità perché questo avvenga, ma la nozione di neuronal correlates of consciousness in quanto tale è, per usare le parole di Alfred Norton Whitehead, "una concretizzazione inopportuna”.
Bibliografia
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-Darley, J.M., Glucksbergerg, S., Kinchla, R.A. (1993). Psicologia I. Bologna: il Mulino.
-Mecacci, L. (2001). Manuale di psicologia generale. Firenze: Giunti.
-Galimberti, U. (2004). Psicologia (dizionario). Torino: Garzanti.
-Francisco Varela “La coscienza nelle neuroscienze” (2001); intervista di S. Benvenuto, pubblicata su www.filosofia.rai.it