L’oblio, che un tempo era considerato una soluzione passiva delle funzioni mnemoniche atte ad un processo di decadimento naturale della memoria, ultimamente e al vaglio di numerose analisi, è stato considerato un meccanismo attivo del cervello fondamentale per il suo adattamento.
Oblio non come fallimento della memoria, ma come funzione necessaria
Le memorie che si consolidano nel corso della nostra vita sono diverse, e spesso, questo accade con quelle definite memorie autobiografiche, significative per ogni essere umano. I centri deputati alla raccolta dei ricordi e gli step, sono diversi: ma, le memorie iniziano la propria funzione di consolidamento nell’Ippocampo, ore o, addirittura, giorni dopo. Migliaia di sinapsi veicolano le informazioni da neurone a neurone, attraverso i neurotrasmettitori: la comunicazione continua ed attiva delle cellule neuronali, porta a quella che è definita Plasticità Sinaptica. Il richiamo delle tracce mnesiche, deriva proprio da questo continuo scambio di input e output fra i neuroni, che, in seguito, stabilizzeranno le memorie apprese nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale. Ma dopo aver consolidato una traccia, perché la si dimentica? E quali sono i meccanismi sottostanti alla traccia mnesica caduta in oblio?
Oblio e dopamina
L’assunto di base è che tutti dimenticano, e, che l’oblio è fondamentale soprattutto perché risulta difficile apprendere se non si è in grado di dimenticare. Nel 2012, in Florida, un neuroscienziato di nome Ron Davis, analizzava le funzioni sottostanti al costrutto mnemonico partendo dall’importanza di un neurotrasmettitore endogeno, prodotto dalla Substantia Nigra e l’Area Tegmentale Ventrale: la dopamina. Il quesito che Davis si poneva, era comprendere come un gruppo di neuroni secernenti questo tipo di neurotrasmettitore, potesse avere influenza su determinati comportamenti. Davis fece un esperimento su un gruppo di insetti, attivando i loro gruppi di neuroni dopaminergici ed associando ad essi shock elettrici con odori. La stimolazione del gruppo di neuroni secernenti dopamina, portò alla scoperta che gli insetti, tendevano a dimenticare l’associazione tra shock e odore. Qualora la funzione neuronale e quindi, del neurotrasmettitore, fosse stata bloccata, la memoria e l’associazione, di conseguenza, rimanevano intatte.
Importanza dei recettori AMPA
Il consolidamento dell’apprendimento, e quindi, delle memorie, deriva da un processo neurofisiologico denominato Potenziamento a Lungo Termine. In questa fase, le connessioni sinaptiche si rafforzano fra loro e tale potenza, deriva soprattutto da una gamma di recettori attivi presenti nel processo sinaptico, detti AMPA. La presenza degli AMPA stabilizza una connessione stabile fra neuroni, in modo tale, che il consolidamento della traccia appresa eliciti l’apprendimento portando al richiamo della traccia mnesica. Numerosi esperimenti condussero a presumere che, nonostante i recettori responsabili degli apprendimenti consolidati, alcune memorie potessero essere dimenticate ugualmente; l’ipotesi derivava dal fatto che esistesse un processo attivo da parte del sistema cerebrale che implicasse l’oblio e la dimenticanza tramite la rimozione naturale di questi recettori. La conclusione sottostante all’ipotesi fu che l’oblio fosse un processo necessario, oltre che una delle tante funzioni della memoria.
La funzione naturale del sistema cerebrale tendente all’oblio, è quindi, più un modo che ha il nostro sistema nervoso volto alla sopravvivenza e al cambiamento che reca il passare del tempo, i mutamenti della nostra esistenza, e quindi un naturale processo adattivo. Nuove tracce mnesiche che vanno a sovrascrivere quelle vecchie costituiscono la riscrittura di nuove informazioni funzionali e necessarie ad un adattamento ottimale, in vista della dinamicità dell’ambiente intorno ad ogni essere umano. Qualora vi fosse un accumulo compulsivo di informazioni, si verterebbe in una condizione di sovraffollamento di memorie, che cozzerebbe con la capacità umana sia di affrontare esperienze nuove, sia di dimenticare.
Il ruolo del neurotrasmettitore GABA nelle fasi di oblio
Un ricordo minuzioso, sembrerebbe essere disfunzionale nell’affrontare eventi o situazioni, impedendo colui che reitera le informazioni immagazzinate al richiamo di ragguagli essenziali. Alcuni studi infatti, dimostrano che, soggetti con straordinarie capacità di richiamo dovute ad una memoria autobiografica iper-sviluppata, tendessero non solo a non essere realizzati, ma ad essere inclini anche a status ossessivi. Coloro i quali, invece, presentassero difficoltà alla reiterazione di memorie autobiografiche, possedevano potenzialità cospicue nella risoluzione di problemi astratti. Si evince che ciò derivi dal fatto che la mancanza di dettagli non richiamati o consolidati non rischiava di mettere in una condizione di sovraffollamento il sistema nervoso di questi soggetti. Pare che in individui predisposti al non ricordo del dettaglio o alla poca propensione al rimuginio, i livelli del neurotrasmettitore GABA fosse più alto; essendo un tipo di neurotrasmettitore inibitorio, quest’ultimo sopprimeva l’attività dell’ippocampo comportando una tendenza più spiccata all’oblio.
Contributi clinici del GABA utili alla risoluzione di patologie
Disturbo post traumatico da stress, fobie, depressione, pensieri ossessivi, disturbo ossessivo compulsivo, psicosi… Sono solo alcune patologie che presentano nei propri quadri clinici, pazienti che possiedono nelle anamnesi, tracce di alterazioni sia delle funzioni cognitive che di quelle percettive: in sostanza, alterazioni della realtà. Una delle ipotesi maggiormente avvalorate, specialmente per quanto riguarda la schizofrenia, è dovuta al malfunzionamento dei neuroni dopaminergici che potrebbe essere causa di interpretazioni errate da parte della mente – distorsione della realtà – che conducono ad uno sviluppo psicotico. Il GABA potrebbe essere utile al trattamento clinico delle suddette patologie: la corteccia prefrontale, infatti, segnalerebbe all’ippocampo di inibire una cognizione o un pensiero, attraverso il rilascio del neurotrasmettitore GABA. Il ruolo cruciale del GABA sarebbe quello di essere considerato utile, nel sopprimere pensieri ossessivi o disturbanti tipici delle patologie citate.
Ebbinghaus e la curva dell’oblio
Nel 1885, Ebbinghaus fu il primo ad attuare uno studio sull’oblio: la teoria si scontrava con il trascorrere del tempo. Il passare del tempo conduce alla dimenticanza delle informazioni precedentemente apprese. Da questa asserzione, deriva il concetto di curva dell’oblio di Ebbinghaus. Il suo oggetto di studi, era sé stesso. Apprendeva liste di tredici sillabe che ripeteva fino a non commettere errori. In seguito, valutava la sua capacità di richiamo di ciò che aveva appreso, ad intervalli fra i venti minuti e un mese. Sulla base di tali esperimenti evinse che il trascorrere del tempo esercitava un effetto negativo sulla capacità di richiamare eventuali memorie.
I risultati raggiunti furono volti a spiegare per quanto tempo può essere conservato un contenuto nella memoria se non si attua un ripasso. La dimenticanza può avvenire anche a latenze brevi, se il materiale non è significativo per chi ha appreso. La curva di oblio, dimostra quindi la perdita di memoria che avviene nel tempo, a meno che non si ripassi l’informazione appresa. Un concetto legato alla dimenticanza nel tempo, è la connessione dovuta all’intensità del ricordo. Se un contenuto è stato appreso attraverso associazioni, è significativo per l’individuo ed intenso, viene conservato più lungo e quindi, mantenuto.