La coscienza? E’ la massima sfida della scienza (Kandel); il problema numero uno (the big one, LeDoux); il più grande e complicato enigma che la scienza si trova ad affrontare (Ramachandran). Se la si identifica con la mente, il che è un errore concettuale, è il tema centrale della neuropsichiatria (Vizioli). Sono numerose le teorie che si contendono il monopolio della verità.
Una interessante teoria in materia è stata elaborata da Julian Jaynes nel suo libro “La natura diacronica della coscienza” (Adelphi), il quale afferma anzitutto che essa non può essere compresa “disgiuntamente” dalla sua storia evolutiva. L’origine della coscienza è vista nell’ambito della concezione dell’evoluzione. La quale spiega la nascita “materialistica e casuale” della specie.
Il problema fondamentale è come spiegare l’ origine della mente umana apparentemente “immateriale”. Infatti, molti autori, tra i quali Wallace e Darwin, sostengono l’origine divina della coscienza, collocandola all’inizio dell’evoluzione.
La coscienza, per Darwin, è una delle “forze originariamente impresse dal Creatore”. Storicamente, l’anima è stata considerata come espressione di tutte le funzioni divenute poi prerogative della mente o della coscienza, quando questi termini sostituirono la parola “anima”. L’idea poi che la coscienza sia presente in tutto ciò che facciamo è “un’illusione”. Un altro errore è ritenere, come ha affermato l’empirismo, che la coscienza sarebbe necessaria per l’apprendimento. Invero, argomenta Jaynes, tutti i tipi di apprendimento hanno luogo “senza alcuna consapevolezza o contributo da parte della coscienza”. Cartesio, Locke e Hume hanno pensato alla coscienza come a uno spazio localizzato nella testa. “Non esiste alcuno spazio del genere. Lo spazio della coscienza è uno spazio funzionale, che non ha alcuna localizzazione”.
Essa è un “insieme di operazioni” apprese sulla base del linguaggio comparso non prima di “50 mila anni fa”. In tutte le civiltà, a partire dal 9000 a.C., esistono “indicazioni chiare” del fatto che gli esseri umani “udissero quelle che consideriamo allucinazioni uditive: voci chiamate dèi, che emanavano all’interno del cervello, proprio come le voci allucinatorie che si manifestano oggi in molte persone normali e anche in varie forme di malattia mentale. Questa veniva chiamata “mente bicamerale”, nel senso che la mente era costituita da due parti: una che prendeva decisioni e l’altra che le eseguiva.
I profeti dell’Antico Testamento erano gli individui bicamerali che sentivano “la voce di Dio” ed erano in grado di trasmetterla in maniera convincente.
La nascita della coscienza si colloca intorno al 1000 a.C. Nel corso dell’evoluzione, essa è cambiata e continua a cambiare. Le funzioni della mente e del cervello infatti non sono di natura “esclusivamente biologica”, ma sono “condizionate” dalle esperienze e dalla cultura dell’individuo, come conferma lo scienziato Aleksandr Lurija nel suo fondamentale volume “ Un mondo perduto e ritrovato” ( Adelphi). Lurija esplora con precisione, ricchezza e profondità di elementi la natura dell’essere umano.
Un altro importante libro per comprendere come possiamo arrivare a conoscere i meccanismi del cervello e della mente è “Prigioniero del presente” di Suzanne Corkin (Adelphi), un’opera che rappresenta un notevole contributo agli stupefacenti ed incredibili progressi delle neuroscienze.
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