Basi Neurologiche dei disturbi d’ansia

di Dott. Simone Zamboni

Non si può parlare di ansia senza parlare anche di paura, tuttavia pur essendo spesso
utilizzate in modo intercambiabile, hanno caratteristiche distinte e da un punto di vista
neurologico sono collegate a diversi processi cerebrali.
La paura è una risposta immediata a stimoli esterni percepiti come pericolosi. Motiva azioni
di fuga o evitamento per proteggersi dal pericolo imminente. Ad esempio, la vista di un
serpente potrebbe scatenare la paura, portando a una risposta di fuga. Ad onor del vero si
tratta di un comportamento biologicamente determinato, che ha la finalità di garantire la
sopravvivenza della persona.

L’ansia, invece, si riferisce a una preoccupazione o apprensione riguardo a eventi futuri
inevitabili o incerti, come un esame importante o una situazione di vita stressante. A
differenza della paura, che è una reazione a un pericolo immediato e concreto, l’ansia tende
ad essere più nebulosa, dai contorni meno definiti e meno legata a un pericolo specifico e
immediato. Si insomma la maggior parte delle volte sai qual’è l’evento che ti causa ansia,
ma è difficile mettere a fuoco l’elemento ansiogeno. Sarà l’atteggiamento arrogante del tuo
capo, o dipende più dagli interventi pungenti del suo assistente? O ancora, forse si tratta di
ansia da prestazione e il motivo è dentro di me più che all’esterno.
Dal punto di vista neurobiologico, Panksepp e Biven (2012) hanno identificato che paura e
ansia sono localizzate in aree diverse del cervello e mediate da diversi neurotrasmettitori. Il
sistema della paura si attiva in risposta a stimoli esterni pericolosi, mentre il sistema dell’
ansia/panico è associato a situazioni diverse.

Le strutture cerebrali coinvolte

Le ricerche indicano che alcune strutture cerebrali sono particolarmente coinvolte nei
disturbi d’ansia. Il sistema limbico, che include l’amigdala e l’ippocampo, nel complesso è
fondamentale nella regolazione delle emozioni e delle risposte al pericolo. In particolare
l’amigdala è una struttura chiave all’interno del sistema limbico, con un ruolo cruciale
nell’elaborazione delle reazioni emotive, soprattutto la paura e l’ansia. Le ricerche hanno
infatti dimostrato che l’amigdala è attiva quando individui sono esposti a stimoli che evocano
paura o ansia. In persone con disturbi d’ansia, l’amigdala può essere iperreattiva, portando a
una risposta eccessiva a stimoli che normalmente non sarebbero percepiti come minacciosi.
Questa sembra poter essere una delle cause plausibili a stati di ansia cronica o
generalizzata.
L’ippocampo, un’altra componente essenziale del sistema limbico, è fondamentale per la
formazione della memoria, specialmente per le memorie emotive e quelle legate a eventi
traumatici. Un ippocampo che funziona correttamente aiuta a regolare la risposta
dell’amigdala, fornendo un contesto e una prospettiva agli stimoli emotivi. Tuttavia, in
condizioni di stress cronico o trauma, l’ippocampo può non funzionare come ci si

aspetterebbe, portando a una regolazione emotiva meno efficace e contribuendo così alla
nascita o al mantenimento di stati ansiosi. In alcuni esperimenti con i topi sono proprio state
individuate le cellule dell’ansia nell’ippocampo.

Disfunzioni neurotrasmettitoriali

I disturbi d’ansia sono strettamente correlati a disfunzioni nei livelli di specifici
neurotrasmettitori, in particolare la serotonina e la noradrenalina. Queste sostanze chimiche
nel cervello svolgono ruoli cruciali nella regolazione dell’umore, delle emozioni e della
risposta allo stress.
La serotonina è un neurotrasmettitore che influisce su diverse funzioni psicologiche, tra cui
l’umore, il sonno e l’appetito. È spesso associata a sensazioni di benessere e ha un ruolo
importante nella regolazione dell’umore. Livelli bassi di serotonina sono stati collegati a vari
disturbi, tra cui l’ansia e la depressione. Una diminuzione della serotonina nel cervello può
quindi portare a sintomi d’ansia, come paure irrazionali e umore depresso.
La noradrenalina, nota anche come norepinefrina, è essenziale per la risposta di “lotta o
fuga”, una reazione fisiologica a situazioni percepite come minacciose o stressanti. Livelli
alterati di noradrenalina possono causare una risposta allo stress eccessiva o inappropriata,
contribuendo ai sintomi d’ansia.

Terapie per l’ansia

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, gli inibitori selettivi della ricaptazione della
serotonina (SSRI) sono una classe di farmaci comunemente impiegati e ad oggi sono
secondi, forse, solo alle benzodiazepine. Gli SSRI agiscono bloccando la ricaptazione della
serotonina nei neuroni, aumentando così la quantità di serotonina disponibile nelle sinapsi,
le giunzioni tra i neuroni. Questo meccanismo aiuta a stabilizzare l’umore e a ridurre i
sintomi d’ansia.
L’uso di SSRI può portare a un significativo sollievo dai sintomi d’ansia, ma spesso richiede
un po’ di tempo, tipicamente diverse settimane, prima che gli effetti benefici diventino
evidenti. Gli SSRI possono anche avere effetti collaterali, che variano da persona a persona.
Ma quindi un disturbo d’ansia si cura solamente attraverso pastiglie e gocce? No, esistono
varie tecniche per superare l’ansia senza farmaci, anzi la psicologia in molti casi costituisce
il trattamento d’elezione. Il farmaco toglie il sintomo, ma non cura il problema di fondo. Per
una soluzione definitiva è necessario capire le cause dell’ansia ed il nostro rapporto con
essa, altrimenti continuiamo a mettere benzina nel serbatoio dell’automobile senza riparare
mai la perdita. Oggi siamo abituati a voler tutto subito e una pastiglia soddisfa perfettamente
questo desiderio. Tuttavia non è una soluzione duratura, anche perchè farmaci come le
benzodiazepine causano tolleranza al principio attivo molto velocemente.Quindi sì per

periodi di tempo limitati e nelle fasi acute del disturbo d’ansia, ma occorre intraprendere un
percorso con uno psicologo.

Ruolo della Genetica

La genetica sembra giocare un ruolo significativo nella predisposizione e nello sviluppo dei
disturbi d’ansia, un aspetto che è stato chiarito grazie a studi condotti su gemelli e famiglie.
Proprio gli studi su gemelli infatti hanno fornito evidenze convincenti del coinvolgimento
genetico nei disturbi ansiosi, confrontando la prevalenza del disturbo tra gemelli monozigoti
(identici) ed eterozigoti (diversi). I gemelli monozigoti condividono gran parte del loro
patrimonio genetico, mentre i gemelli dizigoti molto meno, come qualsiasi altro fratello o
sorella. Un’incidenza significativamente più alta di disturbi d’ansia in entrambi i gemelli
monozigoti, rispetto ai dizigoti, suggerisce quindi una forte componente genetica.
Oltre agli studi su gemelli, le ricerche sulle famiglie hanno mostrato che i disturbi d’ansia
tendono a presentarsi più frequentemente in membri della stessa famiglia. Questo
suggerisce che, oltre ai fattori ambientali e di apprendimento che comunque sono quelli con
un livello di incidenza maggiore, esiste una componente ereditaria che aumenta il rischio di
sviluppare ansia.
Tuttavia, è importante sottolineare che la genetica non determina in modo assoluto lo
sviluppo dei disturbi d’ansia. La genetica può aumentare la predisposizione, ma l’ambiente,
le esperienze di vita, i fattori di stress, e altri elementi psicosociali giocano un ruolo cruciale
nel determinare se una persona svilupperà effettivamente un disturbo d’ansia oppure no.

Impatto dell’ambiente e dell’esperienza

Abbiamo capito che la genetica riveste un ruolo importante ma non determina il destino di un
individuo. Ciò che riveste un peso maggiore riguarda l’ambiente e le esperienze di vita della
persona. In particolare vediamo le 4 cause ambientali, quindi non genetiche, che hanno
un’influenza maggiore sullo sviluppo di un disturbo ansioso:

  1. Esperienze di vita: esperienze traumatiche o stressanti, soprattutto se occorse
    durante l’infanzia o l’adolescenza, possono aumentare notevolmente il rischio di
    sviluppare problemi. Traumi come l’abuso fisico o emotivo, la perdita di una figura di
    attaccamento, o esperienze di bullismo hanno un impatto profondo sullo sviluppo
    emotivo e psicologico di un individuo. Queste esperienze possono alterare il modo in
    cui il cervello processa le emozioni e reagisce allo stress, rendendo una persona più
    vulnerabile.
  2. Ambiente sociale e familiare: l’ambiente familiare e sociale in cui cresce un individuo
    gioca un ruolo cruciale. Un ambiente familiare caratterizzato da instabilità, conflitti, o
    mancanza di sostegno emotivo può contribuire allo sviluppo di ansia. Allo stesso
    modo, l’esposizione a situazioni di vita stressanti come difficoltà economiche,
    isolamento sociale o pressioni lavorative può aumentare il rischio di disturbi.
  3. Apprendimento e modellamento comportamentale: l’apprendimento osservativo,
    dove un individuo apprende comportamenti attraverso l’osservazione degli altri, può
    anch’esso influenzare lo sviluppo di problemi e disturbi. Se un bambino osserva
    genitori o figure significative che rispondono alle situazioni con ansia o paura, può
    imparare a reagire nello stesso modo.
  4. Fattori di stress continuativi: l’esposizione a stress cronico o a situazioni di vita difficili
    senza adeguato sostegno può condurre a uno stato di iperattivazione del sistema di
    risposta allo stress. Questo può portare a un aumento della vulnerabilità ai disturbi
    d’ansia.

Conclusioni e Considerazioni Future

Le ricerche continuano a svelare i complessi meccanismi neuropsicologici alla base dei
disturbi ansiosi, tuttavia se c’è una cosa che emerge con decisione dalla letteratura è la
scoperta che le cause ambientali hanno un impatto maggiore delle cause genetiche nello
sviluppo di questo tipo di disturbi.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.