La Comunicazione che Cura la Mente

Come avviene il messaggio in psicoterapia

 

La struttura del messaggio

Abbinare l’indagine scientifica alla psicoterapia della coscienza intima presenta delle difficoltà che hanno comportato rallentamenti circa l’entità delle scoperte a cui siamo giunti, per questo motivo le ipotesi che ne derivano sono preziose ed infrequenti. La comunicazione che interessa con maggiore intensità la mente non è solo (né soprattutto) quella che possiamo stimare consapevolmente e che poi attiva un processo di cambiamento completamente consapevole; ossia, il messaggio che ha le maggiori possibilità di attivare il processo di variazione richiesto nella psicoterapia non è eminentemente quello ascoltabile. Si tratta piuttosto di una comunicazione dotata di parametri diversi rispetto a quegli tipici degli scambi umani, probabilmente dovuta all’effetto della combinazione tra i vari canali comunicativi.

La ricerca svolta fino a questo momento e tuttora in corso porta ad ipotizzare che la possibilità di instaurare una comunicazione di intensità particolarmente rilevante, in grado di interessare strati profondi della coscienza, derivi non da una elaborazione logico-deduttiva classica, ma dalla contemporanea presenza di una serie messaggi che intervengono durante la relazione terapeutica. Sarebbero questi scambi di cui non si ha consapevolezza, che portano ad una mutazione soggettiva.

In seguito a questo appare verosimile che durante la psicoterapia, ogni condotta espressiva sia spontaneamente elaborata in modo intenso, preciso ed inconsapevole, facendo in modo che si crei l’accesso ad un particolare nucleo di colui che si dispone  all’intervento; qualcosa di paragonabile ad una parte presente in ogni individuo che se attivata permette il riallestimento a quella che potremmo definire come Struttura del Pensiero. Come dire che nel corso della relazione terapeutica vengono emessi aspetti relazionali che, interagendo tra loro, creano qualcosa di simile ad una combinazione, in grado di agire sulla struttura basale dell’individuo, ripristinando le sue condizioni di disequilibrio. Da qui in poi ha luogo il riallestimento individuale.

Psicopatologia e logica razionale

Si ipotizza così la presenza di una componente in grado di interpretare comunicazioni particolarmente sofisticate ed agire in una struttura di complessa accessibilità, dotata di proprie caratteristiche peculiari ed uniche. È verosimile pensare che il motivo per cui questa parte risulta così protetta risiede nella sua importante funzione.

Come considerato da più fonti, il primo impulso formativo della personalità ha luogo entro un periodo sensibile, precoce e fondante, che permette lo sviluppo psicoaffettivo negli anni a venire, nei quali sono impostate le caratteristiche individuali.

A questo proposito deve essere dato rilievo adun aspetto che risulta certamente rilevante, relativo al fatto che non è possibile agire su una parte inconsapevole solo mediante aspetti legati alla consapevolezza. Da questo si deduce che vi sono parti della coscienza non controllate né conosciute dall’individuo, con azione intensa e reciproca tra gli esseri umani. Questo è probabilmente il maggior elemento tra le circostanze da considerare relativamente alla presenza di una coscienza che attinge a strati di paleopsicologia, intesa non in termini junghiani, ma piuttosto nell’accezione di condotte psichiche innate, che consentono uno scambio interindividuale da approfondire in termini conoscitivi.

Non si può avere accesso al profondo rimanendo superficie, quella profondità a cui è improbabile accedere con sistemi che promuovonoin primis condotte logiche di natura strettamente razionale. Se la mente fosse spiegata e curabile esclusivamente da questi aspetti, in buona parte sarebbero evitate le psicopatologie, dal momento che per nessun motivo è plausibile una reazione di psicopatologica in un Sistema Soggettivoadeguato.

Psicoterapia del PAT e ripristino della coscienza

Il tema  del rapporto tra logica razionale e psicoterapia rappresenta oggi, a maggior ragione con i nuovi studi sul Processo Anevrotico Terapeutico (PAT), un aspetto attuale e potente su cui incentrare una riflessione che interessa molte tematiche relative alla cura psicologica. Prima tra tutte, la soglia dei piani di coscienza, ossia quanto avviene nella mente senza che se ne abbia mai consapevolezza nell’arco dell’esistenza e quale sia la rilevanza del nucleo centrale che si suppone permetta una comunicazione particolarmente rilevante ed intensa tra gli individui.

In effetti il PAT si propone di riattivare questo livello di coscienza, che comprende  le proprietà in grado di ripristinare una adeguata risposta alla realtà. Tutto questo mediante l’accesso ad una funzione mentale che permette quella intensa comunicazione tra gli individui.

Ora, sulla base di questa ipotesi che sempre più assume consistenza, appare indispensabile che questa condizione individuale divenga accessibile nella terapia, dal momento che proprio da lì ha luogo e si sviluppa quello che potremmo definire Modello Psichico Individualeed in esso prende forma il modo soggettivo di reagire alla realtà, che viene interpretata  mediante uno schema stabile,  tramite cui si compone l’esistenza.

Quindi, è verosimile che il PAT riattivi una parte dello sviluppo affettivo primario in cui tornano acquisibili i significati emotivi che il soggetto attribuisce agli argomenti della propria esistenza, formando una quantità spontanea di abbinamenti che compongono la personalità del soggetto. Così il percorso di apprendimento emozionale che comprende lo sviluppo individuale può essere ricomposto in presenza di determinate condizioni presenti nel PAT. Perché questo avvenga sono necessarie determinate caratteristiche presenti sia nel terapeuta che nel paziente.

La costruzione teorica del PAT comprende la considerazione del fatto che l’individuo nel corso del proprio sviluppo psicologico incorre in una depressione a cui reagisce mediante gli strumenti dovuti all’associazione tra le emozioni e gli   argomenti della realtà; in questo modo vengono a formarsi le riflessioni guidate e spinte da un appagamento dovuto al riproporsi   di questa invariata e potente associazione, che rimane indispensabile ed immutata nel corso dell’esistenza, fino alla psicoterapia.

Proprio la carica emotiva attribuita ad ogni argomento della realtà consente di redimere gli elementi del disagio mentale, mediante l’accesso ad un impulso reattivo che rappresenta la vera guida al ragionamento logico. Per questo ogni riflessione che possiamo definire razionale è motivata, protetta e richiamata dalla condizione emotiva abbinata ad essa. Possiamo affermare che sono le emozioni che guidano il ragionamento pragmatico e non avviene il contrario. E’ alle imozioni che la psicoterapia deve riferirsi.

Le conseguenze di questa riflessione comportano che vincere una nevrosi derivi dal reimpostare la lettura della realtà, dovuta in quota parte rilevante a questa prima impostazione a cui è impedito l’accesso ed è lì che la psicoterapia deve recuperare l’accesso ad aspetti reconditi della coscienza.

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