Prof. Guido Brunetti
Stiamo assistendo a un’esplosione di conoscenze neuroscientifiche, le quali ci permettono di esplorare e percorrere paesaggi segreti del cervello e della mente, una terra incognita e misteriosa lasciata per secoli alla speculazione della filosofia.
Secondo molti scienziati, la mente e la coscienza nascono da “segnali elettrici e chimici” del cervello. Nascono, secondo i neuroscienziati Panksepp e Damasio da aree inferiori del cervello, La scienza ritiene che l’universo fisico è tutto ciò che esiste (materialismo).
L’uomo, come sottolinea efficacemente Federico Faggin nel suo libro “Irriducibile” (Mondadori, 2022), è stato “equiparato” a una macchina, a uncomputer, che può essere addirittura più intelligente di qualsiasi essere umano.
Gli scienziati non ammettono l’esistenza della mente e della coscienza e ritengono che la vita è meccanica” e che l’universo è senza scopo e significato. Mente e coscienza, in quanto sostanze immateriali, diventano in tal modo il problema difficile delle neuroscienze, il problema dei problemi (Chalmers).
Il materialismo nega la teoria del dualismo platonico e cartesiano, che traccia una netta divisione tra mente e materia, asserendo che esiste solo la materia (monismo) da cui deriva anche la mente. Se la mente, come dice il fisicalismo, è il frutto della materia, come può una spiegazione fisica comprendere l’esistenza della mente?
Invero, c’è qualcosa di “irriducibile nell’essere umano, qualcosa per cui “nessuna macchina” potrà mai sostituirci completamente. Tra l’uomo e la macchina c’è una “differenza incolmabile”. Questa differenza sta nella mente, nella coscienza e nel libero arbitrio. La materia, per Faggin, non potrà “mai” produrre stati d’animo, emozioni o sentimenti, gioia o tristezza. In una macchina non ci sono simboli e sentimenti. I simboli, il pensiero, il dubbio esistono solo nella mente, non in un ”meccanismo”.
La macchina non percepisce il sapore di un dolce, il profumo o il colore azzurro.
Noi non siamo soltanto il nostro corpo e tutto ciò che esiste non ha origine solo nel mondo fisico.
La mente è un fenomeno fondamentale. La coscienza, a sua volta, è la capacità di conoscere attraverso esperienze fatte di qualia, ossia stati soggettivi. La materia quindi non può produrre gli stati soggettivi, le esperienze di coscienza.
L’evoluzione non è opera di un “orologiaio cieco”, ma di “enti coscienti”.
Ciascuno di noi ha una natura spirituale, è parte, per Faggin, di un “Uno invisibile”, e in quanto tale “eterna”. Ribadiamo.
Non siamo macchine biologiche, siamo esseri spirituali, imprigionati, come diceva Platone, in un corpo fisico, mortale.
La materia non può spiegare tutta la realtà.
La mente e il libero arbitrio non sono proprietà irriducibili della natura, ma vengono prima della materia.
Non possiamo quindi lasciare che il fisicalismo, concetto che indica che tutto ciò che esiste è fisico, inclusi gli stati mentali e gli stati di coscienza, definisca la natura dell’uomo. Il quale comprende sia una natura biologica che una natura spirituale.
Il mondo come lo abbiamo creato- scrive Einstein– è “il risultato del nostro pensiero”. Occorre aggiungere al tutto della fisica esteriore “l’interiorità”, una realtà che include la mente, la coscienza, il libero arbitrio e la vita. E’ la mente- afferma il neuroscienziato David Chalmers– che “ci rende umani”.
Senza, agiremmo come “robot”, e la vita “non avrebbe alcun senso. Nessuna macchina possiede fenomeni, come i nostri pensieri, le emozioni, i sentimenti, le sensazioni, la scintilla umana di spirito, empatia, amore compassione.
La vita, questa vita così affascinante, imprevedibile, antica e nuova, piena di luci e ombre, e di mistero “non è spiegabile, secondo J.L.Borges, soltanto con la biochimica, ma richiede nuove dimensioni che vanno oltre la materia”, e comprende una presenza trascendente, la presenza di una realtà più vasta della realtà fisica.
Per il materialismo, la mente è il “frutto” della materia.
Ma come può una fisica spiegare l’esistenza della mente o prendere decisioni di libero arbitrio? Come è possibile che una realtà immateriale (coscienza) sorga da una realtà immateriale (il cervello)? Finora, la scienza non ha fornito alcuna risposta certa. Non c’è alcuna seria teoria che considera la coscienza come “proprietà” dei neuroni.
E’ inspiegabile. E’ indimostrabile.
La coscienza quindi non può essere spiegata “in termini fisici” (E. Schrodinger).
La coscienza è in sostanza la capacità di conoscere attraverso un’esperienza fatta di qualia, ossia di sensazioni, sentimenti e significati. Essa è qualcosa di privato, personale, soggettivo, che non può essere “misurata” scientificamente. Si può conoscere solo la materia, la quantità, non la qualità (odori, sapori, ecc.), non la sostanza immateriale. La scienza è una proprietà oggettiva, mentre la mente è una proprietà soggettiva, non è misurabile e non può essere “ridotta” a espressione del cervello, cioè di segnali elettrici e chimici.
Sta di fatto che oggi le neuroscienze sostengono che la mente e la coscienza “emergono” dall’attività cerebrale, e descrivono il funzionamento della mente come “pura attività elettrochimica”. Come faccia, lo ribadiamo con fermezza, l’attività elettrochimica del cervello a manifestarsi sotto forma di sentimenti, idee, o emozioni la scienza non è riuscita a dare un riscontro indubitabile.
Quello della coscienza, rappresenta, secondo Chalmers, “il più sconcertante problema per la scienza della mente”. A tutt’oggi- ha dichiarato il premio Nobel per la medicina, Rita Levi-Montalcini- “non si conoscono né la sede né la natura della mente”.
Che rimane perciò un grande mistero, la grande sfida della neurobiologia (Kandel).
E’ un problema irrisolto.
C’è un’altra questione molto delicata e difficile da chiarire e risolvere: io sono cosciente, ma non posso dimostrarlo poiché il mio mondo interiore- la coscienza- è privato, personale, soggettivo, unico e non può essere quindi osservato e misurato dall’esterno, cioè scientificamente. Non c’è alcuna possibilità scientifica per provare di essere cosciente.
La misurazione dei segnali cerebrali non può “rivelare” i qualia, ossia le esperienze soggettive che un soggetto prova veramente. I qualia non sono misurabili. Non posso pertanto provare oggettivamente che sono cosciente e tantomeno posso provare se qualcun altro lo è.
Conclusioni.
Le teorie più diffuse delle neuroscienze, della biologia e della fisica sostengono che l’intero universo, inclusi gli stati mentali, consistono di un’unica sostanza. Questa visione materialista costituisce perciò l’orizzonte scientifico e filosofico della maggior parte degli scienziati contemporanei.
Finora sono stati sviluppati tre linee di pensiero:
- Il materialismo eliminativista afferma che la mente e la coscienza non esistono, sono soltanto “un’illusione”.
- Il materialismo riduzionista “identifica” la mente e la coscienza con i processi neurobiologici.
- Il materialismo emergentista infine ritiene che la mente e la coscienza rappresentano “un’attività del cervello”.
L’unico modello valido quindi per lo studio della mente è quello neurologico, un modello oggettivo e in terza persona (P. e P. Churchland). Mente (sostanza immateriale) e stencefalo (sostanza materiale) “non sono cose differenti”.
La mente è parte del fisico.
E’ la teoria dell’identità tra mente e corpo, mente e cervello. Stati mentali e stati fisici sono “identici”. Tutto ciò che esiste ha una spiegazione fisica. Pensare di comprendere la natura misteriosa della mente e della coscienza, basandosi soltanto sulla conoscenza fisica, ossia sul fisicalismo riduzionista, appare piuttosto una visione ingenua. La realtà è che questa concezione è incapace di descrivere e spiegare la mente e gli stati soggettivi.
La mente ha la capacità di “comprendere”, di “intus-legere”, leggere dentro, intuire, immaginare. La mente è creatività, pensiero, empatia, etica. Le macchine non potranno mai fare queste cose. Le macchine funzionano, ma non capiscono, non provano emozioni, gioia, dolore o tristezza.
Siamo potenzialmente “infiniti” (Faggin).
L’uomo non ha limiti, è illimitato.
Abbiamo una “natura divina”, come già pensava Plotino. Questa è la nostra vera essenza.
Ogni persona è “un esperimento nuovo nel laboratorio di Dio” (I.B.Singer).